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Cucino di te
Giorgio Giorgetti, lo chef a domicilio che ti racconta in un menù solo tuo
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Carbonara di gamberi, caffè e mandarino, preparata e fotografata da Giorgio Giorgetti, personal chef Varese Como Milano Lombardia, su Cucino di te.

Spaghetti alla carbonara di gamberi e caffè

Primi piattiDi cucino di te8 Giugno 2022Lascia un commento

La classica carbonara? Assolutamente no! Ispirata da Andrea Mainardi, ecco la versione un po’ folle, ma gustosa, con chicchi di caffè e succo di mandarino fresco. Da provare in una cena romantica ma spiritosa, dove gli sguardi innamorati si mescolano alle risate d’amicizia.

Forse un uovo 02 (Cucino di Te)

Se questo è un uovo – Morbido, marinato e congelato

IngredientiDi cucino di te12 Luglio 2019Lascia un commento

Tanti modi alternativi per cuocere un uovo. Impara a fare l’uovo morbido, marinato e congelato per piatti sempre più creativi, come un grande chef. Dalla carbonara perfetta al tuorlo fritto, ai ravioloni ripieni d’uovo, tante idee da sperimentare.

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Varese, Como, Lecco, Monza e Brianza, Canton Ticino: sono lo chef che cucina non solo per te, ma di te. Per emozioni e sogni unici: i tuoi.

Giorgio, lo chef a domicilio personal... per davvero!
STRÀSCICAMI, MA DI PASTA SAZIAMI! “Questa volt STRÀSCICAMI, MA DI PASTA SAZIAMI!
“Questa volta una domanda te la faccio davvero!” mi dice Piera un paio di giorni fa. 
“Spara! In senso metaforico, intendo!”… Sai mai…
“Ma nella cucina toscana c’è qualcosa con cui strafogarsi, come le paste romanesche? La ribollita è buona, il lampredotto, ecc, ecc... Ma qualcosa che cominci a mangiarla e non riesci a fermarti, come una carbonara o un’amatriciana, esiste?”.
OK. Non ti uccido con le mie mani solo perché ti ho sposato per amore e non per vile interesse… Però, sono sicuro che tutta la provincia di Firenze insorgerebbe per metterti al rogo, dopo aver indossato appropriati copricapi del Ku-Klux Klan! 😂😂😂
Mai sentito parlare delle penne strascicate alla fiorentina? MAI???
D’accordo, lo ammetto. Io non le faccio mai e, in casa dei miei, manco a parlarne. In realtà, per quanto non ci voglia poi molto a farle, sembrano sempre chissà che cosa… Mia madre preferiva il ragù, la carne macinata, che poi però trattava come il sugo di carne alla fiorentina. E più o meno così faceva mia nonna, le rarissime volte che faceva il sugo…
Eppure, credimi, rosolare prima la carne e poi tritarla al coltello, senza macinarla, ha il suo perché, la sua bella diversità. E poi le penne al dente finite di cuocere nel sugo, con olio e parmigiano, strascicandole appunto finché non sono cotte bene... 
Non smetteresti mai di mangiarle, lo giuro. Di’ quel che vuoi, ma valgono una pasta romanesca: a cui non tolgo nulla, per carità! Ma le penne strascicate… tutta la vita! 
E tu, ce l’hai un sugo che ami tanto da perdere la testa?
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MA PIERA DOV'È? Mi scrive un'amica su WhatsApp, u MA PIERA DOV'È?
Mi scrive un'amica su WhatsApp, un po' preoccupata. "È tantissimo che non leggo i vostri battibecchi modello Raimondo e Sandra su Instagram. Ma Piera c'è ancora? Sta male? Non è che vi siete lasciati?". 😂😂
No, popolo, stai sereno! 
Piera c'è ancora e lotta insieme a noi. La si sente meno per svariati motivi. Il primo è che io non sto lavorando e quindi, non uscendo insieme, finiamo per conversare poco anche a casa. Piera, al contrario di come a volte sembra (o la faccio sembrare) è pochissimo esigente in fatto di cibo e, povera, si adatta a tutto, anche ai miei esperimenti. 
Il secondo motivo, forse più importante, è che la frequenza in presenza a Milano, nella sua ditta, è aumentata. E lei è piuttosto nera, per la faccenda. Anche perché il suo lavoro non ha proprio bisogno di averla là, in carne e ossa: potrebbe farlo anche in Alaska!
Un po' tutte queste cose ci rendono meno brillanti e forse è per questo che io faccio omaggi silenziosi, che lei accoglie con il medesimo silenzio. Ogni tanto, mentre mangia, le sventolo la manina davanti al viso e le chiedo di dirmi se almeno le piace. 
"Lo sai che mangio tutto...".
Ma dai! Sono risposte da darsi a un cuoco? 😂😂
Nel menù di stasera c'era questo filetto di branzino cotto in olio e pomodorini, su maionese di cannellini, pesto di cavolo nero e polvere di cappero... Per mia fortuna, lei mangia tutto... La odio! E voi invece vorreste più Piera? VE LA REGALO!!!! 😂😂😂
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BEATO TRA LE… NUBILI! Prima domanda: ma tu l'ha BEATO TRA LE… NUBILI!
Prima domanda: ma tu l'hai fatto l'addio al nubilato/celibato? E come è andata?
Seconda domanda (retorica): ma quando mi ricapita? Sabato 18 marzo, Cantello, provincia di Varese. Sì, hai letto giusto! Per la prima volta in 8 anni di professione, mi ritrovo a fare un addio al nubilato proprio nel paese dove abito, a circa 3 minuti d’auto da casa mia… 
Un caso, un vero caso, perché Maria Chiara, l’organizzatrice dell’evento, è di Vedano Olona, ma non la proprietaria della casa (grandissima), messa a disposizione per la festa. 
Ricomincio: e quando mi ricapita? Quindici ragazze tra i 26 e i 27 anni simpaticissime, bellissime (vedi foto, così sai che non esagero) e piene di vitalità. 
Maria Chiara mi contatta davvero sul filo di lana. Sto quasi per rifiutare (ci vuole tempo per preparare un menù esclusivo), quando penso che forse potrebbe andar loro bene un menù bistrot, quelli chiavi in mano che offro ai clienti che hanno fretta o non vogliono pensieri. Scelgono quello di carne e si parte con tutte le benedizioni. 
Ma, prima di tutto, la pasta fatta in casa! Banco di prova per la sposa (in bianco), ma anche per tutte le amiche (in nero), che si alternano diligentemente alla spianatoia prima e alla macchinetta dopo. 
Intermezzo tra le due attività l’antipasto, che calma finalmente i borborigmi dell’appetito. 
“La pasta la mangiamo adesso?”, mi chiedono innocenti. Ma non ci pensate neppure, dico io, che per far la pasta per 15 ragazze in buona salute ci vuole qualche ora! E quindi via con il resto del menù Bistrot. 
Uff, gli addi al nubilato sono una faticaccia, lo ammetto! Ma sono divertenti e mi fanno sentire giovane. E, poi, ammettiamolo: neppure a 27 anni avevo 15 belle ragazze che pendevano dalle mie labbra! 
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POMODORO COL VELO DA SPOSA Il 2023 sta cominciand POMODORO COL VELO DA SPOSA
Il 2023 sta cominciando senza dubbio male. Avevo già detto, in precedenza, che tra febbraio e marzo sono saltati appuntamenti, ci sono state rinunce (per fortuna non all’ultimo minuto), indecisioni e così via. 
Mentre da una parte faccio gli scongiuri e spero che si tratti soltanto di una serie di sfortunati eventi, dall’altra mi accascio sulla sedia quando sento che i miei due sposini di Manchester, che avrebbero dovuto sposarsi sul Lago di Como l’11 giugno, sono costretti a spostare le nozze (e la cena) al 15 settembre. Motivo: problemi di salute della mamma di lei…
E che vuoi dire? Nulla. Se non che tu (cioè io) il 15 settembre non ci sarai proprio. 
Anzi, se tutto va bene, io non sarò neppure in Italia e che quindi, nonostante i mesi di lavoro, quel matrimonio non sa da fare, per lo meno con me come cuoco!
Triste? Un po’, perché la coppia è musulmana molto osservante ed è stata una bella sfida trovare un menù che mettesse tutti gli ospiti d’accordo e che, soprattutto, si capisse che cosa fare da mangiare. 
Inoltre, la sposina ha un’idea dell’Italia un po’ ferma agli anni 70. 
Così mi sono dovuto per settimane dipanare tra cocktail di scampi, pennette al salmone, bruschette di pomodoro… 
Va beh, addio, ragazzi! Ho lasciato loro il menù che avevamo alla fine creato, dicendo che non dovrebbero faticare a trovare chi glielo faccia, dato che sembra un po’ il menù di una rosticceria (ci sono anche le ali di pollo piccanti!)… 
A me resta soltanto questa foto di una proposta di finger food: una deliziosa pappa al pomodoro con mozzarella di bufala marinata al limone e basilico, subito bocciata in favore della classica bruschetta… 
Te la regalo, magari t’ispira. Io vado a leccarmi le ferite! 
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LE LINGUINE DELLA SUOCERA Martedì scorso ho dedic LE LINGUINE DELLA SUOCERA
Martedì scorso ho dedicato il polpo a mia mamma, oggi dedico queste linguine a mia suocera. 
Non c’è una pianta, la sansevieria, che si chiama lingua di suocera? Beh, queste sono le linguine di suocera. Perché c’è il pesce, che a lei piace tanto. Anzi ci sono gli scampi e i gamberi argentini e la tartare di capesante. 
E avrebbe dovuto esserci anche un velo di fantastico lardo rosa, che nella foto non si vede per il semplice fatto che non c’è, che me ne sono dimenticato al momento dello scatto e, quando me ne sono ricordato e l’ho messo nei piatti, la suocera di cui sopra mi ha fatto capire che tutto stava diventando freddo e che bisognava assolutamente mangiare! E così addio secondo scatto! 
Mia suocera, a differenza dell’immagine collettiva che si ha di tale categoria, è una persona bravissima, generosissima e sempre pronta ad aiutare in ogni modo possibile. 
Però ricordo ancora quando venne a mangiare per la prima volta a casa mia (anzi, nostra, mia e di sua figlia Piera). Per mesi mi aveva chiesto con desiderio spasmodico una ribollita, poiché l’aveva mangiata a Firenze nel suo viaggio di nozze e mai più da allora. 
Figuratevi la mia gioia, che la ribollita ce l’ho nel DNA! Quindi, dopo aver trovato il cavolo nero, mi accingo a fare la ribollita migliore della mia esistenza… 
Siamo a tavola, le servo il piatto, lei lo guarda tra lo stupito e lo schifato ed esclama “Ma questa non è una vera ribollita! io questa cosa non la mangio!”. 🤣
E tira fuori dalla borsa un contenitore di plastica: “Per fortuna mi sono portata dello spezzatino, per tutte le evenienze!”. 
Calo un pietoso sipario sulla mia reazione. 
Tranquilli, è successo 25 anni fa. Nel frattempo abbiamo fatto pace (quasi…) 😂
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IL POLPO DELLA MAMMA Quando cucino il polpo penso IL POLPO DELLA MAMMA
Quando cucino il polpo penso sempre a mia mamma. Non so se anche tu hai un piatto o un ingrediente che, quando lo cucini, ti riporta con la mente a qualcuno. 
Lo so che, in verità, altre preparazioni dovrebbero farmela ricordare di più: le sue imprescindibili lasagne, regine di ogni festa in famiglia. I suoi cenci (o chiacchiere di Carnevale, chiamale come vuoi), di cui andava fierissima. 
La zuppa inglese che ha deliziosamente infestato soprattutto gli anni della mia primissima giovinezza, poiché era il dolce che amava in assoluto fare di più.
Poi c’erano altre cose, di cui penso di aver già parlato… 
Il polpo, però, lo adorava. Perché, confessava, non lo sapeva cucinare. E quindi aspettava che lo facessi io. Una sola cosa non sopportava: le patate! Per una ragione semplice ma logica: se era polpo e patate, finiva sempre che c’erano più patate che polpo! E questo a lei non andava giù! E quindi polpo, ma senza perder tempo con patate che prendevano spazio inutilmente al divino mollusco…
Oggi, mentre sperimentavo questo secondo piatto, pensavo a lei e a quanto avrebbe odiato questa base di patate alla salsa carbonara… 🤣🤣🤣🤣 
“Ma perché delle inutili patate?” Già, perché?
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SQUID GAME! Le migliori storie al massacro sono qu SQUID GAME!
Le migliori storie al massacro sono quelle che hanno per protagonista la pasta! E una verace calamarata napoletana è davvero una goduria!
Qualche giorno fa, rispondendo a una domanda di @m.antonellacosco  che mi chiedeva quale regione italiana mi piacesse di più, gastronomicamente parlando, non ho potuto mentire: la Campania, non c’è dubbio. 
Le (troppo rare) volte che riesco ad andare a Napoli, è come se finissi in una sorta di Paese dei Balocchi con un Pinocchio che parla come Totò! 😂😂😋
Oggi ho voluto ricreare un po’ quell’atmosfera magica che, ogni tanto, mi manca. 
Di solito, lo sai, non do mai né ricette, né consigli, ma è una cosa che mi hanno chiesto parecchi clienti e quindi la scrivo anche qui, sai mai: come si fa a non far spezzare tutta la pasta quando si cuoce?
In realtà è molto semplice: si compra una calamarata di qualità, di una marca seria, possibilmente proprio di Gragnano. E poi, quando l’acqua raggiunge il bollore, si butta il sale e poi la pasta. Si abbassa il gas al minimo e si lascia sobbollire. Meno la pasta si agita, più resta integra. 
Un segreto di Pulcinella, appunto! 😂😂😂
E tu, hai una pasta che ti fa sognare la bella stagione? 😋😋
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LA SCOPERTA DELLE COSTINE Ogni volta che lo rivel LA SCOPERTA DELLE COSTINE
Ogni volta che lo rivelo, c’è sempre qualcuno che non mi crede. “Ma dai!” mi fa. “Non è concepibile neppure su Marte!”. Eppure… 
Eppure io non avevo mai mangiato una costoletta (di maiale, di vitello, di manzo, di ciò che vuoi tu) prima dei 40 anni. 
Come è stato possibile? In realtà, in maniera molto semplice. Magari è capitato anche a te per altri cibi, non per forza per le costolette (Piera non aveva mai mangiato i fichi d’India prima di sposarmi, per esempio!).
È successo questo: in casa mia a nessuno veniva mai in mente di farle. La carne entrava, per carità, mica eravamo vegetariani! Però le costolette no. Credo che, semplicemente, mia madre non sapesse come cucinarle e quindi non s’azzardava a farle. Credo. Boh.
Poi: eravamo una famiglia schiva, con pochissimi amici. Nessuno di questi faceva grigliate o barbecue (tanto meno mio padre! Inoltre, abitavamo al sesto piano di un condominio!), con nessuno andavamo a feste locali, dove di solito è un gran mangiare di costine e salamelle. 
Una volta cresciuto, non avevo amici che amassero quel tipo di feste. Ecco, ora che sto scrivendo mi sovviene che, forse, le prime e uniche costine mangiate ai tempi erano quelle nella cassœla. Ma, nella mia testa, quella era semplice carne, mica le costine!
Ho dovuto attendere Piera e il suo amore per le feste paesane: per la prima volta le ho provate alla griglia e… cavolo, se erano rinsecchite! 😂
Oggi, quindi, mi diverto a renderle sempre morbidissime (a prova di dentiera, direbbe mia madre), tanto per scordarmi quel battesimo! 
Queste, per esempio, sono cotte per ore in una slow cooker, dopo una marinata di 24 con salsa di soia, sakè, spezie cinesi e così via… Morbidissime, appunto! 😂
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E FOTOGRAFALA, ‘STA FOCACCIA! “La fanno e la E FOTOGRAFALA, ‘STA FOCACCIA!
“La fanno e la fotografano tutti”, mi dice Piera. “Si può sapere perché tu no?”.
“Menti sapendo di mentire! La faccio sempre per ogni cliente. Anzi, ne faccio di ben due tipi!”
“OK, ma non la fai vedere nei post, al contrario di tutti gli altri grandi chef che fotografano solo focacce, ormai! Com’è ‘sto fatto?”.
Ok, te lo dico io, senza troppi giri di parole: non mi sembra che ci voglia chissà che cosa a fare una focaccia!
Neppure quelle con un 1 grammo di lievito, 24 ore di maturazione in frigo, 90% d’idratazione. Si fanno e di ricette ne è pieno il Web… E infatti la metto tra i tipi di pane che realizzo in ogni mio menù.
Però, però… me l’aveva fatto notare anche un’amica, tempo fa. Pare che tutti si siano messi a fotografare le proprie focacce, mostrandole con la medesima soddisfazione di Leonardo da Vinci davanti alla Gioconda…
E allora toh, ecco la focaccia! Che farcisco, perché una focaccia scria scria un po’ m’intristisce e perché mica l’ho servita liscia, stasera.
Per i curiosi, ecco le due farciture: mortadella di Bologna, stracchino, pomodori secchi; prosciutto crudo, gorgonzola dolce, mascarpone, melanzane sott’olio a filetti.
La focaccia: 1 grammo di lievito per 600 g di farina, idratazione 75%, 24 ore di maturazione della biga. 
Birrettina, divano, telefilm su Netflix, e via così… E anche stasera l’ho messa a tavola (Piera, non la focaccia)!
Ma resto umile… 😂😂😂😂
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QUEL RISOTTO CHE SI CREDE UNA TIELLA Sono stato in QUEL RISOTTO CHE SI CREDE UNA TIELLA
Sono stato in Puglia due volte, nella mia vita, è c’è una cosa che proprio non m’è piaciuta: la tiella barese di riso, patate e cozze. 
Lo so, adesso qualcuno mi dirà che sono andato a mangiarla nel posto sbagliato, che bisogna mangiarla solo a casa di un pugliese, ecc. ecc. 
Può essere, non lo so. Non farò nomi, ma sono andato a mangiarla in un ristorante rinomato proprio per questa preparazione… Quindi, da buon turista, ho tentato di fare quanto potevo. 
Ma il risultato, lo confesso di nuovo, è stato molto più che deludente: quelle cozze stracotte e rinsecchite, quel riso lessato e scotto, privo di qualsiasi sapore, le patate che c’entravano come i cavoli a merenda… So che mi sto facendo odiare da tutta la Puglia, ma… 
Naturalmente, mi sono guardato bene da riprendere la tiella da qualsiasi altra parte. E, tornato a casa, ho fatto il possibile per cancellare questo piatto dalla mente. Finché non mi è tornato in testa l’altro giorno, mentre scrivevo delle orecchiette. E ho pensato: e se trasformassi la tiella in un risotto? Certo, è un altro piatto, ma valeva la pena provarci. 
E così ho fatto. Prima che lo dica qualcuno, lo dico io: con la tiella non ha nulla a che vedere (è un risotto!) e ne sono davvero felice!
Attendo le vostre tielle (e/o i vostri risotti)!
Il riso è, come sempre, il @riso_razza77 .
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C'ERANO UN GAMBERO, UN MAIALE E UN MANGO... Come C'ERANO UN GAMBERO, UN MAIALE E UN MANGO...
Come termina questa barzelletta? Termina con un antipasto. E non con un antipasto qualsiasi, ma con uno che mi è piuttosto caro. 
Niente di che, per carità! 
Però avevo cominciato da pochissimo e anche il mio metodo per rivelare il profilo gustativo dei miei clienti era alle prime armi... Mi muovevo in qualche modo, facendo domande su domande, non avevo ancora creato il questionario che uso adesso... 
Un giorno mi capita una cliente molto esigente. "Sono stanca", mi rivela, "dei soliti antipasti. Sembra che da queste parti ci siano solo affettati, formaggi, sottaceti, bruschette e compagnia cantando! Ma perché i ristoratori pensano sempre a un ricevimento come a una merenda sull'aia?".
Beh, non credo che sia proprio così..., dico io. "Non lo so", fa lei. "Io voglio qualcosa di completamente diverso. Voglio una cosa che dici ma che cosa sarà mai? Capisci che cosa intendo?". 
Boh. Forse. Mi sono messo a frugare in giro ed eccolo lì, l'antipasto che la gente dice "ma che sarà mai, questa cosa?". E così glielo presento e così mi nasce dentro un altro piccolo ricordo, uno dei primi passi in questa mia professione: il gambero avvolto nel guanciale con maionese di mango. 
Chissà come sarà mai? 😂
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PENSA PUGLIESE! Volente o nolente, io ho un certo PENSA PUGLIESE!
Volente o nolente, io ho un certo legame con la Puglia. La maggior parte dei miei follower sono pugliesi, in Puglia ho un sacco di eccezionali colleghe e sempre in Puglia c’è la sede della Fippc, la Federazione professional personal chef a cui appartengo. 
Anche i due miei maestri preferiti (sempre Fippc Italia) hanno in Puglia il loro celebratissimo ristorante (Il @giardinodeitolomeirestaurant, a Racale). 
Ho persino una cara amica che muore giorno e notte per l’aria e l’acqua e la terra e il fuoco della Puglia, manco fosse una malattia (magari lo è…)!
Insomma, ammettiamolo: è il caso che, in questa mia personale scorribanda tra i piatti delle cucine regionali, io mi metta anche a pensare un po’ pugliese. 
Sentiamo che cosa ne dice Piera. Piera: “Sì, direi che è proprio il caso!”.
Forte di cotanto entusiasmo, ecco stasera le orecchiette alle cime di rape. La ricetta è molto simile a quella classica, ma migliore (non è mia. È di Antonio Guida, pugliese, 2 stelle Michelin, ristorante Seta dell’hotel Mandarin Oriental di Milano).
Tutto come nella ricetta classica, solo che: 1. le cime di rapa le cuoci prima e le freddi in acqua e ghiaccio. 2. Una parte la frulli e una parte la tieni così com’è. 3. Cuoci le orecchiette nell’acqua delle rape. 
Il pane tostato: uguale alla ricetta originale. Solo che io ho voluto usare dei taralli, tanto per risentirmi ancor di più in Puglia. E l’ho aggiunto soltanto alla fine, sul piatto.
Confessione importante: le orecchiette sono comprate. Eh, sì, perché io mica posso stare tutto il giorno a fare orecchiette che, ammettiamolo, farei malissimo, poiché occorre una manualità davvero molto ben allenata! 
Come sono? Piera: “Buonissime! In nessun luogo della Puglia e del mondo ho mai assaggiato orecchiette più buone di queste!”. Visto come la sto addestrando bene? 😂😂😂
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MA COME SI FOTOGRAFA LA CASSŒLA? Mamma mia! I mi MA COME SI FOTOGRAFA LA CASSŒLA?
Mamma mia! I miei già pochi fan su FB e IG si caveranno gli occhi! Già fa foto schifose di piatti schifosi, penseranno. Ora si mette persino a fotografare la cassœula! Ma dai, non c’è più di religione!
Eh, sì, è proprio bruttarella, non c’è che dire! Ma è tanto buona, dirà qualche brianzolo!
Beh, insomma, sì… ad alcune condizioni… 
Devo raccontarti una storia, perché io non ho un buon rapporto con questo piatto, lo ammetto. Per quanto nato e cresciuto in Brianza, non sono mai riuscito ad amarlo. Anzi, se potevo lo evitavo. Anzi: potendo, l’avrei cancellato dalla faccia della Terra. 
Quando uscivo con amici assatanati, che se ne andavano in giro a ricercare il luogo più trucido dove poter trovare la cassœula più criminale, io mi sentivo morire. 
Tacevo, mangiavo (mangio di tutto), sorridevo… Ma finiva lì. 
Quando mi sono sposato, eccomi calato nella realtà varesotta. Ma non potevo innamorarmi di una mantovana? No, of course. Perché anche in zona Varese la cassœula è un mito e si deve fare almeno un miliardo di volte a inverno, se no non si mantiene la purezza della razza, accidentaccio!
Così ho dovuto imparare a conviverci. E a trovare un modo per scantonare il problema.
L’ho trovato, dopo tanti anni! La faccio io. La faccio come (credo) un vero dio brianzolo la farebbe, se scendesse dal cielo. La faccio cuocendo in modo separato ogni taglio di maiale. 
Fatta così, con tutta la cura e l’amore del mondo e non rovesciando in un calderone da strega ogni orecchio, piedino, muso, cotenna, costina, ecc. ecc tutto insieme, riesco ad apprezzarla anch’io.
“Giorginsky, mi fai la cassœula?” 
“Certo, tesoro! Come no?” 
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QUEI CENCI DI MIA MAMMA... Se penso a mia mamma in QUEI CENCI DI MIA MAMMA...
Se penso a mia mamma in cucina, penso a due cose: la pasta fatta in casa e i cenci. Questi ultimi, per chi non fosse di Firenze, altro non sarebbero che le chiacchiere di Carnevale, detta in migliaia di altri modi in tutt'Italia. 
I cenci di mia mamma sono sempre stati inarrivabili. Oh, lo dico senza falsa modestia: magari sono meglio i miei, ma so che i suoi erano in qualche modo diversi, pieni zeppi di amore e di entusiasmo e d'una punta d'orgoglio, che i miei non hanno davvero...
La ricetta era quella dell'Artusi, non si scampa. Mia madre raramente cucinava qualcosa fuori da quei confini letterari... D'altra parte, come ogni bimbo fiorentino, fui allevato a suon di Pinocchio, Gian Burrasca, Sussi e Biribissi e, appunto, a suon d'Artusi...
E tu, a che cosa pensi quando pensi a tua mamma in cucina? ❤
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FRITTELE E RICORDI Ecco, io le vedo così, nella m FRITTELE E RICORDI
Ecco, io le vedo così, nella mia testa. E mi dispiace per Instagram, Facebook e tutti i social. Le vedo così, buttate in modo disordinato sulla carta da cucina a perdere le ultime gocce d'olio, cosparse di zucchero a velo in strati diversi di consistenza e dolcezza... 
Le frittelle di riso le vedo così da sempre, nella mia mente, e te le faccio vedere come le ricordo. 
Ti sarai reso conto che ogni piccolissima ricetta casalinga, per me, è un pretesto per ricordare. E le frittelle di riso mi ricordano mio papà. Erano il suo secondo dolce preferito. Il primo era il castagnaccio, che con gli anni aveva imparato a fare da solo, con sua somma gioia, mentre per le frittelle doveva attendere mia madre...
Immancabili in ogni casa fiorentina che si rispetti (insieme ai cenci, ma di questi parleremo domani), le frittelle di riso sono una golosità bambina che mi riempie di gioia e di commozione allo stesso tempo. Sono lì, anche oggi, buttate lì un po' come è la vita, senz'ordine e senza capo né coda, pronte a esser afferrate e gustate con gli occhi chiusi. 
Ciao, papà!
E a te, quali ricordi suscitano i dolci di Carnevale?
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UN BACCALÀ CON LA "C" ASPIRATA! Il baccalà alla UN BACCALÀ CON LA "C" ASPIRATA!
Il baccalà alla fiorentina è una ricetta di una semplicità infinita. OK, devi averlo già ammollato in precedenza: però, guardiamoci negli occhi, che ci vuole?
Lo tagli a pezzi (se vuoi togli prima la pelle), lo infarini, lo metti nell'olio d'oliva (con 3 spicchi d'aglio) a soffriggere, da una parte e dall'altra. Aggiungi della passata di pomodoro o dei pelati, fai tu. Cuoci per 10 minuti. Aggiusta di sale e pepe. Fine. 
In casa mia, quando ero piccolo, il baccalà entrava per gli spiragli della porta lasciati aperti da mia mamma. Era l'unica, sacra depositaria della ricetta. 
Piaceva a tutti, ma nessuno lo voleva fare e non ho mai capito il perché. Costava già allora? Era una rottura di palle ammollarlo? Boh... Non s'è mai saputo! Però, come tutte le ricette semplici semplici, sa di casa e di amore e di affetto. E quando il profumo del pesce che soffrigge riempie la cucina e la casa, a me lacrimano sempre gli occhi, senza scomodare le cipolle... 
I pomodori pelati S. Marzano sono di @valgriconserve 
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Panino alla rapa rossa, sfilaccetti di coscia d'an Panino alla rapa rossa, sfilaccetti di coscia d'anatra alle cinque spezie cinesi, prugna stufata, cipolle caramellate, cavolo rosso condito. 
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BUON SAN… BOH? Ok, mi sono completamente diment BUON SAN… BOH?
Ok, mi sono completamente dimenticato S. Valentino! 
Nel senso che pensavo che il 14 febbraio fosse ieri e non martedì… 
Lo so che pensi che noi cuochi a domicilio, per S. Valentino, lavoriamo come pazzi! In realtà, non è sempre così. A volte capita, a volte no: dipende se qualcuno ha voglia di spendere un po’ di soldi per una cena particolare.
Quest’anno, a differenza dello scorso, niente lavoro: ma si è capito che questo febbraio sta andando così, un po’ deserto… 
E che fa il sottoscritto quando non lavora? Cucina! Sì, perché sono già pigrissimo: se poi non approfitto neppure delle date segnate sul calendario, siamo fritti! Invece ho bisogno di cucinare per imparare sempre qualcosa di nuovo, soprattutto quando non ho parenti da sfamare che vivono soltanto di tradizione. 
Ecco quindi il mio menù per San… Boh!, che in realtà è un menù per Santa Piera, perché questo mese, tra il lavoro che non parte e altri che stanno tardando a pagarmi, è lei che sta procurando la pagnotta per entrambi. 
Si apre quindi il televoto! Sì, lo so che non li puoi assaggiare… Però a occhio, che cosa t’intriga di più? 
La classifica di Piera: 1. Antipasto, 2. Gli sfizi e capricci, 3. Il primo piatto e il resto a seguire. 
La mia classifica: 1. Il primo piatto (dopo tutto l’avevo creato a mia immagine e somiglianza!), 2. Gli sfizi e capricci, 3. Il secondo piatto, 4. l’antipasto… 
Saremo mai d'accordo su qualcosa? 😂😂😂
Tanti auguri, San Boh! 
Le linguine sono del @pastificiodeicampi 
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IL PANE CHE PRENDEVA IL TRAM “Dove vai? Vado a IL PANE CHE PRENDEVA IL TRAM
“Dove vai? Vado a prendere il tranvai. Fuori piove…” mi cantava mio padre sull’aria di Stormy Wheather (se non la conosci, cercala su Youtube). 
Non ho mai capito se questa versione italiana esistesse davvero o mio padre mi burlava come suo solito. Ho scoperto però, mille anni dopo, che una versione ironica esisteva davvero e suonava più o meno come “Dove vai? Vado a Monza sul tranvai…”. Perché dalle mie vecchie parti, quando vivevo in Brianza, Lombardia, il tranvai c’era anche ai miei tempi ed era una cosa seria. Una volta o due ho fatto in tempo a prenderlo anch’io, da Seregno verso Milano. Poi, per secoli, l’abbandono. Oggi leggo che la tranvia stia riaprendo, proprio sul vecchio tracciato… Corsi e ricorsi, è il caso di dirlo!
Ma che c’entrano questi aneddoti con il pane e uvette della foto? C’entra, poiché questo è il leggendario pan tramvai, spuntino dei pendolari sulla linea Monza-Milano e non solo, dato che tracce (sempre leggendarie) si trovano persino a Gallarate. Anzi, sembra che nel Varesotto (zona busto Arsizio) “ul pan Tranvai” si facesse con l’uva fragola, l’uva americana tanto per intenderci, e non con l’uvetta come nel Milanese. 
Boh. Scrivo boh perché se c'è chi ancora lo fa, questo pane, non si sa bene chi sia. Forse qualche forno artigianale, attaccato alle tradizioni. Forse...
C’è stato, tempo addietro, un tentativo di riportarlo in auge e di addomesticarlo, con tanto di disciplinare, ma è durato poco. Troppo rustico, troppo povero… non ha neppure zucchero nella ricetta! È un dolce povero per i poveri. E forse, proprio per questo, mi è piuttosto caro… 
Quasi come il pan di ramerino: ma questa è un'altra storia, per maledetti toscani!
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CHE COSA FANNO I CUOCHI QUANDO NON LAVORANO? Non CHE COSA FANNO I CUOCHI QUANDO NON LAVORANO?
Non so che cosa facciano i miei colleghi quando non lavorano, però so che cosa faccio io: cucino!
Sì, bisogna ammetterlo: questo febbraio sta cominciando in modo fiacco, tra pochissime richieste che non si concretizzano e altre che vengono rimandate dal cliente… E così, senza volerlo, mi ritrovo con le mani in mano. 
Amen, dico io. E mi metto a fare altro. Col cavolo, dice Piera. E mi indica la cucina. 
“Vorrei fare un pranzo molto, ma molto strong… capito?”.
“Capisco solo che devo cucinare. Ma che palle!”.
“Invitiamo tutti i miei parenti e facciamo un sacco di cose rustiche, da pranzo duro e puro della tradizione varesotta. Che ne dici?”
“Dico che non capisco perché ti ostini a usare il plurale…”
“Perché io apparecchio la tavola!”.
“Ah, ecco!”. 
Ed ecco che domenica scorsa, 5 febbraio, sono ai fornelli invece che davanti a Netflix. Missione: ricreare l’atmosfera di una festicciola per vecchie persone che mangiano lesso e frattaglie e affettato…
Piatto forte il bollito misto, con dentro di tutto e con mille salse per accompagnarlo. Le cervella fritte sono invece il piatto per i duri, anzi i durissimi seduti a tavola. Agli altri è concesso deviare verso dei coccoli toscani con affettati e stracchino. 
Fine. Che poi fine si fa per dire, poiché il bollito era pantagruelico e ora son tre giorni che vado avanti a lesso rifatto, che neppure a casa dei miei nonni… E io che volevo soltanto vedere Netflix! 😂😂😂
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