Dice il saggio: c’è sempre da imparare, nella vita, anche da una gita tardopomeridiana a Bergamo e ritorno notturno, nonché levataccia la mattina seguente alle 6, come di consueto, dopo aver finalmente chiuso gli occhi alle 2 e passa di notte.
Perché questo tour de force? Perché mercoledì sera, 22 luglio 2015, io e Piera siamo andati al ristorante Il Gourmet (che oggi, giugno 2022, mentre revisiono questo vecchio articolo, non capisco se esista ancora…) a Bergamo Alta per far da giurati alla Cena degli Chef del paesaggio, di cui avevo già parlato da queste parti (se vuoi, vai al primo post del tempo delle more).
L’idea era molto semplice: fra cinque ricette che avevano le more(il frutto di bosco, of course) come ingrediente caratterizzante, ne sarebbe stata scelta una che sarebbe diventata Patrimonio de I Maestri del Paesaggio e inserita nel menù dei ristoranti partner della manifestazione (5-20 settembre).
Questa la storia di base, che si è poi ramificata in una serie di piacevoli sottotrame.
I motivi che hanno resa interessante la serata, insomma, sono stati davvero tanti. La bellezza del luogo, perché Bergamo Alta è bella e la sede de Il Gourmet altrettanto, come si vede da foto, e l’eccellente organizzazione, sia in sala (bravi e simpatici i ragazzi dell’Istituto alberghiero di iSchool), sia da parte dell’Associazione Culturale Arketipos, che si è inventata l’intera manifestazione de I Maestri del Paesaggio; i due Prosecco di Bisol, buoni, freschi, fruttati e profumati e offerti senza badare a spese: il Molera come aperitivo e il Crede come accompagnamento alla cena. E per finire il Moscato Fior d’Arancio di Maeli, altrettanto fresco e moderno, che mi ha ricordato il giorno del mio matrimonio (ma a quei tempi le bottiglie stappate erano di Ca’ Lustra). Ho parlato di tutti? Diligentemente credo di sì, così nessuno si sentirà escluso.
Bel posto, bella gente, vino e ciliegie… Che cosa si può mai volere di più?
Assai stimolante il nostro tavolo (n. 7, per le cronache future): sto parlando di compagnia, è ovvio, non certo del fatto che ballasse a ridosso di qualche seduta spiritica… Oltre a me e a Piera, infatti, c’era un’altra simpaticissima coppia, capitanata (è il caso di dirlo) da Consuelo, creatrice di In cucina con Amelia. Poi Deborah, che su Giallo Zafferano si è inventata un blog davvero splendido, con foto luminose e ricette stimolanti: se vuoi buttarci un occhio, cerca La Lifferia e non te ne pentirai. Ultimo ma non ultimo (ho sempre sognato di dirlo), ecco Sergio di Newsbartenders, che tiene corsi sia di barman, sia soprattutto d’intaglio frutta e, udite udite!, di frullateria, cosa quest’ultima più unica che rara, considerando che un frullato, se lo vuoi davvero professional, è ricetta a tutto tondo, mica un mix raffazzonato di sapori.
Orchestratore del concertino Massimiliano Hangler, che con la sua agenzia di marketing è riuscito a pescarci nel web e a riunirci a un tavolo, elargendoci in sovrappiù consigli preziosi su come affrontare la giungla del social marketing. Una sera, insomma, che accontenta il piccolo vecchio saggio che vive in me: c’è sempre da imparare ed è bello quando lo si fa con piacevolezza.
La miglior sorpresa della serata: deliziose ciliegie di Vignola accompagnate dal Prosecco Molera di Bisol.
Ecco, l’hai capito: è stata davvero una bella serata. Sì, lo so che stai per chiederlo. Volevo un po’ confonderti, ma temo di non esserci riuscito, vero? Perché ti starai chiedendo: e le ricette con le more?
Secondo ecco: questo è il punto dolente. Le ricette. Ora acquisterò fama di insopportabile rompiballe ma, perdonami, all’inizio di questo blog ho promesso di esser sempre sincero e tenterò di esserlo anche stavolta, per quanto mi pesi: le ricette non erano un granché, mi dispiace.
E, bisogna dirlo, anche i criteri che orientavano il voto erano alquanto fuorvianti. Perché, tanto per dirne una, la facilità di esecuzione avrebbe dovuto essere un pregio? Ma è un peccato veniale, di fronte al dramma dell’assaggio.
Com’erano le ricette con le more? Sulla carta non male… In presenza… così così!
Di cinque ricette, non me n’è piaciuta una. Certo, alla fine un vincitore doveva esserci e c’è stato: la tartara di zucchine e gelatina di more di Luca Uria. Ma forse perché era la meno peggio, tanto che per seconda si è classificata la meno meno peggio (L’insalata era nell’orto di Giovanna Menci) e terza una cosa brutta, mi duole dirlo, che come protagonista aveva un filetto ridotto a bastoncino di pesce rinsecchito (Il filetto e le quattro more, di Daniela Mammano), di certo penalizzato dalla realizzazione e dal servizio: con scelta suicida, è stato deciso che tal carne impanata (e quindi fritta) fosse servita a temperatura ambiente, perché… “tanto se mangiate un panino con la cotoletta, così è”, ci dicono. Forse scordando che un panino con la cotoletta a temperatura ambiente (anche con l’aiuto di Caronte e Flegetonte) fa davvero schifo! Insomma, se tanto mi dà tanto, comincio a pensare seriamente che tutte le ricette siano state trattate con il medesimo pressappochismo. E questo falsa tutto, oh se falsa tutto!
Allora, di questa delusione, di chi mai sarà la responsabilità? Colpa delle ricette originali? Colpa degli esecutori materiali che hanno dovuto adattarle? Non lo so o forse non voglio saperlo. Per amor di sincerità, esprimo i miei dubbi e i miei gusti delusi. Ma non voglio mettermi a puntare il dito su nessuno. Se tradimento c’è stato, che gli autori lo rivelino. Come tra l’altro sembra stiano proprio facendo, in giro per la Rete.
Io, però, da dove mi trovo una cosa la vorrei fare: perché una seconda occasione se la meritano davvero tutti i concorrenti. Ecco quindi i cinque piatti in concorso che, in origine, erano corredato dal link alla ricetta originale, ospitata ai tempi da D di Repubblica.Oggi queste ricette non ci sono più. Rimane solo il ricordo di una serata strana e… le fotografie che avevo scattato!
Miei cari signori permettetemi di commentare considerato che come autrice della ricetta il filetto…e le quattro more il piatto presentato durante la manifestazione nulla aveva a che vedere con la mia ricetta originale. Come avete ben scritto il mio filetto che nulla aveva a che vedere con una panatura di farina di mais o polenta e’ stato si ridotto ad una cotoletta fredda e rinsecchita. E gli ingredienti utilizzati compreso il procedimento e l impiattamento nulla aveva a che vedere con l originale. Io ho lavorato sui contrasti,sulle consistenze e sull equilibrio del piatto e nn certo per mettere in tavola qualunque cosa basta che sia. Inoltre nulla del regolamento della manifestazione e’ stato seguito. Io ho affrontato i disagi e i costi di un viaggio dalla Sardegna perché ci ho creduto. Ho lavorato alla mia ricetta e mi aspettavo che venisse servita come IO L H0 IDEATA E REALIZZATA.Mi dispiace ma NON ACCETTO CHE IL MIO NOME VENGA AFFIANCATO A CIO’ CHE NON CORRISPONDE ASSOLUTAMENTE ALLA REALTA’. Basta anche solo andare a vedere la foto della ricetta stessa. Mi sono fidata del concorso perché a sponsorizzarlo ci sono testate e partner di un certo calibro ma mi sono ritrovata davanti solo una grande delusione. E permettetemi un ultima cosa: sto cercando di fare di una grande passione, con studio e sacrifici enormi,una professione e non ammetto che venga affiancato il mio nome a cio’ che non corrisponde alla realta’. Se il mio piatto fosse stato preparato come descritto,utilizzando gli stessi ingredienti e gli stessi procedimenti e non fosse piaciuto, bene avrei accettato la sconfitta,del resto si cresce sempre e c e’ sempre da imparare e io sono consapevole di quanta strada devo ancora fare,ma cosi’ a queste condizioni non ci sto. Anche perché per me era gia’ una vittoria essere li. Spero che chi di dovere si assuma le sue responsabilita’ anche perché ricordo che la cena ha avuto un costo per i commensali e il valore del rispetto pensi debba ancora essere considerato…per tutti.
Daniela Mammano
https://la.repubblica.it/cucina/ricetta/il-filetto-e-le-quattro-more/45828/
Questa e’ la ricetta originale e la sua esecuzione…a voi la differenza. Esigo che il mio nome non venga associato a questa cosa completamente diversa dalla mia ricetta. Ho gia’ contattato via mail il direttore della testata e la redazione e continuero’ a muovermi di conseguenza.
Ecco qui capisco proprio che tu, cara Daniela, mi stia confondendo con qualcun altro. Come spero tu abbia visto, io ho già messo, senza nessuna sollecitazione esterna, i link alle ricette originali non solo del tuo piatto, ma anche di tutti gli altri.
Come ti ho scritto sotto (stavo rispondendoti, quando è giunto il tuo secondo commento), io non ho altra redazione che me stesso e qui non c’è nessuna testata. Soltanto il blog di Giorgio Giorgetti. Punto e basta. Come ho detto, comprendo il tuo sfogo ma, ti prego, prenditela con chi ti ha ferito, non con chi ha cercato di far luce sull’accaduto. Un abbraccio.
Carissima Daniela,
dammi pure del tu, ti prego! Qui non siamo in dieci, in cento o in mille… Ci sono soltanto io, Giorgio, autore di questo blog e non certo organizzatore e/o responsabile della serata in oggetto!
Sono stato soltanto un semplice commensale (anche se fatto accomodare al cosiddetto tavolo dei blogger, il n. 7, quello che stava alla destra di dove eri seduta tu, per intenderci).
Che tu sia giustamente sdegnata, lo comprendo e appoggio il tuo sdegno e la tua disillusione. Che in qualche modo te la possa prendere anche con me, lo capisco meno, perché non vedo le mie responsabilità su come il tuo piatto e quello altrui sono stati presentati.
Come ho scritto nel mio post, il sospetto che qualcosa non andasse, almeno al mio tavolo, l’abbiamo avuta tutti. C’interrogavamo sulle vere responsabilità, anche se, dopo l’affermazione “da panino e cotoletta” che ha introdotto proprio il suo piatto, io un’idea me la sono fatta.
Per questo ho pensato di fare una cosa che, permettimi, altri non hanno avuto la voglia, il tempo o la pazienza di fare: accompagnare i piatti presentati al concorso con il link che porta alla ricetta originale.
Che la serata abbia lasciato tutti perplessi, almeno sul suo lato più importante, è cosa certa. Credo di essere stato finora l’unico (a parte gli autori delle ricette, s’intende) a esprimere dubbi sull’avvenimento. Questo a dimostrarti che fin dall’inizio io non ho nulla da spartire con chi ha orchestrato l’evento. Ero, come scrivevo, un semplice ospite: è vero che io non ho pagato, ma mia moglie sì, tanto per capirci.
Per concludere: capisco il tuo sfogo, ma non te la prendere con me: io non sono il “chi di dovere” di turno e neppure conosco alcun “chi di dovere”. Ma sono lieto di offrirti spazio e voce per qualsiasi altro pensiero, protesta, sfogo, commento tu abbia voglia di scrivere. Per quello che può contare, per lo meno…
Caro Giorgio. Intanto mi scuso se puoi aver pensato che ce l avessi con te,anzi ho capito perfettamente il tuo punto di vista e ti ringrazio,come ringrazio i blogger seduti al tavolo accanto al mio per questa opportunità. Io sono sdegnata e delusa anche perché è. vero che non sono una professionista ma con sacrificio studio e dedizione sto cercando di fare di una grandissima passione una professione e queste cose di certo non mi aiutano e non certo per demeriti provocati da mie incapacita’ (quello l avrei accettato). Mi fa piacere che almeno voi stiate dando risalto a questo aspetto e che fortunatamente eravate presenti. La serata e’ stata piacevole e tutti simpatici e cordiali ma il concorso in se una grandissima delusione. Mi sto gia’ muovendo e non mi.fermo qui. Grazie ancora
Spero davvero che tu riesca a farti sentire. Io, con il mio piccolo spazio (e altrettanta piccola voce) sono qui. Quando vuoi!
Ho letto tutto l’articolo e non posso che condividere il tuo punto di vista. Qualcosa dev’essere sicuramente andato storto in cucina, anche perchè, naturalmente, al tavolo n. 7, aspettavo (come tutti, del resto) di ritrovare quanto splendidamente presentato dagli autori delle ricette.
Le aspettative sono state totalmente disattese, ed è un vero peccato. Il piatto di Daniela, in particolare, senza nulla togliere agli altri, mi aveva davvero conquistata a primo sguardo e non vedevo l’ora di assaggiarlo, convintissima che sarebbe stato un successo. Sicuramente, lo replicherò nella mia cucina con la ricetta originale di Daniela, per rendere giustizia all’autrice… ed anche al mio palato, ormai irreversibilmente incuriosito.
Ho trovato che l’iniziativa, in generale, sia molto interessante; la stessa mission proposta da Arketipos è davvero nobile. Peccato per quest’ombra sull’aspetto pratico.
Grazie mille Deborah le tue parole mi rendono felice. Provala e poi fammi sapere. Comunque siete invitati ad assaggiarla direttamente cucinata l autrice in Sardegna:-) Vi aspetto e continuate a sostenerci. Grazie di cuore
Io continuo a pensare, ma è soltanto un’illazione, che i ristoranti abbiano pensato a come guadagnare facilmente un po’ di soldi. Ci saranno stati un’ottantina di coperti, ci lavoravano ben tre ristoranti… per favore, non ditemi che una cucina (una sola cucina) non sarebbe stata in grado di preparare correttamente piatti per 80 persone? Tra l’altro tutti uguali, come a un matrimonio? Ma dai!
Si è preferito prendere la cosa sottogamba, con lo stesso atteggiamento con cui è stato servito un filetto impanato a temperatura ambiente: e questa non è una scelta gastronomica, è un vero e proprio chissenefrega!
Ben detto Giorgio. Sai cosa mi delude? Che quelli che si definiscono professionisti del settore con tanto di specializzazioni, passione, lavoro, dedizione, sacrificio ecc, arrivino a tanta bassezza solo per prendere in giro qualcuno. Io barcollo ma non mollo! Voglio far sentire la mia anche se magari nessuno mi ascolterà. Ho scritto a tutte le testate giornalistiche coinvolte e l’Espresso per ora mi ha risposto. Andrò avanti con i partner sponsor della manifestazione e agli organizzatori. Ho appena contattato la redazione di una rubrica del nostro quotidiano locale e speriamo che mia diano voce. Guarda ti dico che ho voluto confrontarmi con lo chef che ha preparato la ” mia ” ricetta e i suoi alibi allo stravolgimento della ricetta in un primo momento è stato: non potevo cucinare un filetto per 80 persone ( si certo , infatti i ristoranti che hanno anche 150 coperti cucinano solo patatine fritte ) poi dopo le mie sollecitazioni mi dice che era difficile reperire gli ingredienti perchè non in stagione. Allora punto primo nel regolamento non era specificata la stagionalità degli ingredienti ma i prodotti dell’orto e io ne ho usato diversi da quelli per il brodo vegetale a quelli per la composizione del piatto. E poi dico; ci avete imposto come ingrediente principe il frutto del rovo, la mora, a giugno non è mica la sua stagione!!!!!! Ho fatto una fatica incredibile per poterla reperire e comunque io gli ingredienti li ho trovati anche se non in stagione…loro no????? Ma daiiiiiiiii!!!!! Che vadano a prendere in giro qualcun’ altro. Avrei voluto solo confrontarmi con me stessa e con i professionisti del settore, della vittoria in se chissenefrega! DELUSA MA FELICE E SAPETE PERCHE’ ? PERCHE’ LA MIA RICETTA HA SUSCITATO CURIOSITA’ E POSSO DIMOSTRARE DI SAPERLA PREPARARE MEGLIO DI CHI SI ATTEGGIA A SERIO PROFESSIONISTA!
Egregio,
oltre alla mia ben nota idiosincrasia (forse motivata dalla pressoche’ totale assenza di proposte convincenti) per i mix di dolce e salato, devo anche rimarcare che se proprio si doveva impostare un concorso su questi tipi di sfida, forse sarebbe stato meglio girare al largo da una creatura cosi’ splendidamente complicata, la mora.
L’idea della mora alla base del concorso nasce da un’intuizione dell’organizzatore: scegliere un prodotto spontaneo che crescesse libero e selvaggio anche a Bergamo alta. E poiché non ricordo di aver visto campi di grano, alpeggi, risaie, ecc. ecc., mentre qualche rovo in giro si nota, ecco che scelgono la mora! Che, come hai ben detto, è frutto di bosco assai poco domestico, nel piatto, più di qualsiasi altro. Perché ha un sapore caratteristico e insidioso, a volte troppo dolce ma spesso troppo acido… Insomma, si fa fatica a sposarla con altre cose. Ma il bello dei concorsi, dopo tutto, è essere difficili!
Come è già stato segnalato agli organizzatori, la ricetta classificatasi per prima è frutto di plagio da parte del concorrente di ricetta già edita. Inoltre, la seconda e la terza sono state arbitrariamente modificate dai cuochi, con evidente mancanza di rispetto degli originali inviati dai concorrenti e con infrazione del regolamento del concorso (che invece prevedeva la partecipazione dei concorrenti alla preparazione in cucina), tramite l’uso di ingredienti e procedimenti diversi da quelli indicati, con conseguente aspetto e consistenza notevolmente peggiorati. È stata avanzata richiesta di annullamento.
Forse ormai è inutile precisare, ma vorrei solo informare Giorgio e gli altri che la mia ricetta, “L’insalata era nell’orto”, prevedeva ravanelli (tagliati a metà, non due misere fettine) e insalatine di campo accuratamente scelte (acetosa rossa, acetosella, erba porcellana, lattughino, pimpinella e rucola selvatica, non una manciata presa a caso da un pacco qualunque del supermercato), su un ‘gazpacho’ di more, costituito da un passato di more (e invece si sentivano tutti i semi), ciliegie, cetriolo, mollica di pane, aglio e yogurt greco, condito con olio, sale e pepe e, cosa importantissima e del tutto irrealizzata, un dressing agrodolce, fatto di aceto di mele al lampone e sciroppo d’acero nel giusto equilibrio. Niente di tutto questo: c’era solo un frullato di more molto aspro, con l’aglio, troppo aglio. I crostini di pane erano durissimi. Non parliamo poi della presentazione che differiva dalla mia come la notte dal giorno, appiattita invece che in verticale, realizzata con un enorme piatto, invece che con una coppetta come da me indicato. Anche l’occhio vuole la sua parte. Non so neppure come abbia fatto a ricevere tanti voti da classificarmi come seconda. Per me questo piatto, fatto così, era da buttare nell’immondizia.
Ben detto Giorgio.
La sfida era proprio questa e noi l’abbiamo accettata. Per questo fa arrabbiare e non me ne capacito! Se notate nel mio piatto le more si vedono e se leggete la ricetta la mia era una riduzione di balsamico con glassa, Buccia d’arancia, composta di more e more fresche e non qualcosa di indefinibile . Ma mi sono messa in gioco proprio per questo, cosa che un professionista a differenza mia non ha fatto! Sostenere che a Bergamo si mangia la cotoletta panata è stato anche un po’ screditare un territorio e il senso che l’autrice ( la sottoscritta ) voleva dare. Al di la delle tradizioni gastronomiche e alimentari di ogni terra per cui nutro un profondo rispetto essendo io stessa un mix di culture italiane ( Sicilia/Calabria/Piemonte e Sardegna) chissenefrega della cotoletta dello Chef , la ricetta presentata e finalista del concorso era un’altra. Ci sta l’impiattamento diverso e qualche variazione per problemi tecnici o logistici ma nella ricetta c’era il Filetto di maiale e non qualche altro pezzo di carne. Le chips di pecorino dolce sardo ( Siammanna ) erano leggermente ricoperte dello stesso pangrattato e polvere di arancia grattugiata e menta fresca, usata per rivestire leggermente il filetto tanto per poter giocare sulle consistenze. Rosolarlo, facendo si che si formasse la crosticina esterna ma il filetto rimanesse umido e un po’ al sangue, sfumandolo poi con il succo dell’arancia. E non messo in forno a seccare. Lo chef ha parlato di burro, sintomo che la ricetta non l’avesse neanche guardata considerato che io ho usato l’olio extra vergine di oliva sardo pergiunta. Le quenelle di mousse di broccoli e broccolo romano dov’ erano?????? Io le verdure le ho trovate lui no!
E tornando alle chips, le ha ridotte in un quadrato di pecorino romano stagionato panato nella farina di mais cotta al forno che se cadeva per terra rompeva le pietre. Il colore delle verdure ( che metteva in risalto l’idea del territorio e dell’ambiente come da tema del concorso ) vi sembrano le stesse? Sarei stata ben felice di vedere il mio piatto realizzato da uno CHEF professionista e di cucinare accanto a lui, è per questo che ho partecipato al concorso per mettermi in gioco, migliorarmi, non per vedere il mio nome affiancato ad una cotoletta rinsecchita…NON CI STO!!!