“Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata.”
– Albert Einstein
Certo che gli alberi son peggio dei cristiani! Li guardi, li guardi, ma non è che li capisci poi tanto. Bisogna aspettare che si rivelino. Ci vuole pazienza. Io comprai questo vero pero butirro alla Mostra mercato delle piante e degli animali perduti di Guastalla sarà un paio d’anni fa e lo piantai nell’orto, vicino a un pero Conference. Ma come sono le vere pere butirre? Non ne ho la più pallida idea. So soltanto che sul cartellino a penzoloni da un ramo c’era scritto solo quello: vero pero butirro. Punto e basta.
Beh, l’anno scorso i rami del piccolo alberello si riempirono di fiori e poi spuntarono frutti piccoli e sodissimi, che non maturavano mai.
Me li guardavo sulla pianta e mi dicevo che la vera pera butirra somiglia un po’ a un culo.
Un giardino privato ha poco senso, se non diventa contenitore di memorie. Non solo proprie, ma anche del territorio.
Però di marmo, come quello di una culturista, m’immagino. Stanco di vedere quelle pere a culo sui rami, un giorno ne colsi qualcuna e attesi che s’ammorbidisse. Ma lei dura. Tetragona. A tener testa all’uovo di legno che mia moglie ha cancellato persino dai ricordi in una vecchia borsa di cucito. Boh. Dopo qualche settimana, non vedendo il minimo cedimento, provai a tagliarla a metà. A fatica. Possibile che non fosse non dico matura, ma per lo meno ammosciata dal tempo e dalla decomposizione? No. A quanto pare le mie vere pere butirre sono come le piramidi: destinate all’eternità. Una pera butirra è per sempre, come i diamanti? Devono essere le Highlander delle pere: ne resterà una sola e sarà lei, la vera pera butirra.
Il che è strano, perché questo nome – butirra – deriva proprio da burro. Non per nulla, pero burro e pera burro sono altri suoi nomi più intellegibili. Il botanico ottocentesco Giorgio Gallesio la descrive così: “bianca, delicata e gentile, essa si scioglie in bocca in una pasta morbidissima, mista ad un sugo abbondante e grazioso che vince, anche in sapore, quello di qualunque altra pera”. Ovvio che, appunto, stiamo parlando di un’altra pera, non certo della mia culo-di-marmo…
E qui non dimentichiamo nessuno. Neppure i gattini ciechi delle gatte frettolose…
Le parole, noto, si riferiscono alla cosiddetta Butirra bianca, che forse non è la mia. Forse, e dico forse, la mia è invece la Butirra grigia, che sembra molto coltivata in Francia, perché da quelle parti si è meritata una fiumana di sinonimi e nomignoli. Il buon Gallesio dice poco o nulla di quest’ultima butirra, se non che è conosciuta in tutta Europa. Qualche indicazione di più l’offre Girolamo Molon, passato alla storia per un’importante opera sulle yucche, pubblicata nel 1914. Impietoso, il paladino delle yucche (ma che cos’è una yucca?) afferma che la Butirra grigia è un po’ la sorella scema della bianca; quella nata male, insomma, un po’ tarda, con un’ombra di baffi, la caviglia gonfia e lo sguardo liquido. Nonostante fosse abbastanza stimata su vari mercati, il nostro Molon la consigliò soprattutto per la cucina, per l’essiccazione e le marmellate. Ok, ecco che ho adottato un altro derelitto, insomma. Ma non mi perdo d’animo: se volevo un pero davvero dimenticato, eccomi accontentato. Perché di solito è delle sorelle baffute e sciancate che ci si dimentica, mica di quelle fighe.
L’anno scorso è andata come andata. Ma quest’anno l’aspetto al varco, la mia vera pera butirra. Vediamo se sarà così dura. E, se lo sarà, già me la vedo caramellata o nelle marmellate a dar sapore antico e povero. Insomma, devo dimostrare anche a me stesso di essere un buon personal chef. Che non si dimentica di nessuno, neppure dei culi di pera e dei gattini ciechi.
Senti, è un pomeriggio in cui ho poco da fare e sto andando in giro per il tuo blog.
E arrivata a questo articolo ho cominciato a ridere, nell’istante esatto in cui da deserto, l’ufficio ha cominciato a popolarsi d colleghi. :-D
Siccome era evidente che non stavo lavorando ho continuato a leggere e ridere, e adesso dò voce a una domanda che mi sale spontanea: che ne è stato del tuo vero pero butirro, a un anno di distanza? Ha perabutirrato? Se sì, che cosa hai fatto delle sorelle sceme? :-D
Buona domanda, a un anno di distanza… Beh, sappi che ho davvero atteso che il mio stramaledetto pero butirro si esprimesse con qualcosa di più e invece… E’ riuscito a regalarmi solo e soltanto altre tre pere simili alle precedenti, dure come il muro più duro in cui avessi sbattuto la testa. Fossero state un po’ di più, avrei provato a fare una marmellata… Ma tre, che me ne faccio? Sono ancora lì, sulla pianta, inamovibili. Durissime, a testimonianza che se la coltivazione di questo pero è sparita nei secoli, un motivo c’era eccome! Insomma, è proprio una sorella scema, poverina. Speriamo che il prossimo anno, crescendo, mi regali qualche pera in più, così le uso. A proposito: proverò a cuocerle, ma temo che siano davvero improponibili. Nel caso, farò sapere al mondo.
Ciao e grazie delle risate!