“Il senso della vita, in generale, forse non esiste, ma sicuramente noi possiamo dare, con quello che facciamo, un senso alla nostra di vita. “
–Marina Innorta
La rivoluzione di Marina parte dalla pancia o dalla testa. Scegli tu.
Dipende da dove credi risieda il bandolo della matassa che lega la nostra coscienza al mondo.
Quando per la prima volta lessi un suo post, un post di Marina, intendo, avrei scommesso che le sue parole sgorgassero dalla sua mente, da un’interiorità molto cerebrale e indagatrice e, forse proprio per questo, serena.
Poi acquistai e lessi il suo libro, La rana bollita, e l’immagine che nella fantasia mi ero fatto di lei dovette mutare. Obbligatoriamente. La pancia, quel coacervo di emozioni, sensazioni e sentimenti che è, ha preso il sopravvento. Ed ho pensato che forse la sua rivoluzione partiva da lì.
Marina Innorta è l’autrice di My Way Blog, un sito in cui si parla di come smontare e rimontare, senza farsi troppo male, quel complicato cubo di Rubik che è la vita. E la mano che ne ruota le facce colorate è di una donna che, in prima persona, conosce l’ansia di vivere, il panico e tutta la depressione che ne deriva.
Ecco, l’ho scritto. Depressione, ansia, panico… Già ti vedo scostarti immediatamente dalla lettura, temendo che queste espressioni t’infettino come un germe. Non farlo. Se puoi, fermati ancora un attimo e dai a entrambi un po’ di fiducia. Puoi crederci o non crederci, ma nessun post di Marina è un’autocommiserazione su di sé o un’inno alla prostrazione.
Anzi, devo confessarti che, la prima volta che ne lessi uno, presi Marina per un cuorcontento a oltranza, ma priva di quell’ingenuità intellettuale che gli ottimisti per professione paiono sempre avere e che tanto ce li fa venire a noia.
Al contrario di quanto si possa credere, i suoi post sono sempre scritti con un leggero sorriso, anche quando gli argomenti diventano più sdruccioli e faticosi. Seri, approfonditi, mai banali e mai irrisolti. Se a monte affronta un problema, lo sviscera fino in fondo. E ti dice tutto quanto ha scoperto, senza negarsi mai.
RIVOLUZIONARIA DENTRO
Ed è questa la vera rivoluzione di Marina, secondo me. Parlare di ansia con uno sguardo limpido e partecipe. E con un sorriso leggero, appunto. Mai mesto, mai infettato dalla prostrazione.
Marina non è una psicologa: nella vita si occupa di tutt’altro, ma di psicologia ha letto e legge con fame e sete degne di un adolescente in crescita. E riflette su ogni boccone con una maturità rara. Difficile sapere se è sempre stata così, in tutti i momenti della sua vita, oppure se tanta fame e tanta assennatezza scaturirono da quell’anonimo mercoledì di novembre, come lei stessa racconta nel libro, in cui comprese di non farcela più.
Il giorno in cui alzò la testa e si domandò se la sua vita sarebbe stata per sempre un carosello di giramenti di testa, di nausea, di tremori e tachicardia.
E questo è un altro importante aspetto rivoluzionario: la voglia di cambiare una situazione che, all’apparenza, pareva immutabile.
Ma non illuderti o, peggio ancora, non sottovalutarla: lei non è il solito guru di internet. Il suo libro e il suo blog non fanno promesse. Non possiedono abracadabra. Raccontano entrambi una storia personale e, al tempo stesso, una riflessione sulla vicenda stessa, che la porta ad ampliare, approfondire, rendere universale o quasi i suoi temi, tanto da toccarci tutti, magari in modi differenti, ma sempre intriganti. In ciascuno dei suoi post ognuno trova qualcosa. Perché la sua guerra, nonostante le battaglie vinte e perse, è ancora in corso. E a ogni sconfitta impara qualcosa, che condivide con noi. Gioiendo delle comuni vittorie.
A CACCIA DEL SAPORE INTERIORE
Sono quindi davvero contento che abbia accettato di farsi un po’ “scandagliare” (virgolette d’obbligo, perdonami!). Neppur io sono psicologo e, anzi, sulla materia so un decimillesimo di quanto lei conosce. Però mi piace tracciare il profilo gustativo delle persone, lo sai. E così ho chiesto a Marina di collaborare, di giocare un po’, perché mi chiedevo come fosse il suo. E lei (grazie ancora, Marina!) ha accettato di buon grado, anche se qualche volta le sarà sembrato di rispondere alle domande di un astrologo… Ma, si sa, il gusto si fatica ad analizzarlo in maniera diretta.
Tra tutti i sensi, è il più sfuggente. Come il suono vero della nostra voce: tutti lo conoscono, fuorché noi stessi. Dobbiamo ascoltarlo mentre esce da un registratore, per sentirlo. E rimanerne ogni volta sorpresi e magari anche delusi.
Ma bando alle ciance, come si scrive nei migliori post d’autore. Qual è il profilo gustativo di Marina?
Partiamo dalle note fisiologiche: amaro, dolce, salato e aspro, i gusti che noi occidentali percepiamo con maggior intensità, sono ben equilibrati. La sua propensione per il dolce è naturale, mai eccessiva. Ha una buona percezione dell’amaro e non sente un abnorme desiderio di asprezza. In questo è del tutto nella norma.
La prima caratteristica che balza invece agli occhi è che Marina non ama i contrasti violenti, bruschi. In qualche modo, è una pacifista del sapore: ama cibi in cui le sensazioni s’armonizzano, magari con semplicità e naturalezza, piuttosto che rischiare di esserne turbata. Questo suo desiderio di pace, che da una parte ci mostra una persona equilibrata, dall’altra manifesta un timore recondito di perdere tale equilibrio. Così, la paura di rendere vulnerabile il suo baricentro interiore censura il piacere dell’avventura, di spingersi oltre quanto dà per assodato e familiare.
Sto sempre parlando di gusto, naturalmente. Ma a volte il rapporto che si ha con il cibo ha radici profonde.
E di certo deve avere radici antiche questa rassicurazione che Marina domanda a ciò che più le piace. Ama i dessert, ma senza intemperanze. Se qualche sua scelta può apparire complicata, almeno a prima vista, tutto sommato è più frutto di difesa che di un azzardo fine a se stesso. Come un arrocco negli scacchi.
Un’intensa vita interiore, insomma, protetta da un atteggiamento poco sfrontato nei confronti del cibo. La curiosità ne soffre, ma si avvantaggia la rassicurazione. Una persona da merende, da spuntini, da confortanti colazioni, da piatto preferito che difficilmente cambia, piuttosto che da impudenti avventure gourmet. Più riservata che estrosa, insomma.
E i sapori che più la colpiscono? Quelli in linea con l’armonia da manuale del suo senso del gusto: i sapori freschi, primaverili, soprattutto se vanno a braccetto con la tradizione. Che, lo ricordo, non è quasi mai indice d’animo conservatore, ma esigenza di conforto. Per Marina, insomma, il cibo deve essere prima di tutto un’oasi piacevole. Che nutra, si capisce, ma che soprattutto non provochi ansie, timori inutili, percezioni stonate che potrebbero scoprirle il fianco ed esporla troppo. A cosa? A un piccolo disagio che faccia breccia in mura ben più importanti e difensive. Unica concessione: non le dispiacciono cibi salati dalla leggera tendenza dolce. Ma, anche qui, è più per una naturale ricerca d’equilibrio che per avventura.
A questo punto, il suo menù ideale per una cena, magari romantica, è una composizione serena, confortante come una coperta quando si ha freddo, come un abbraccio. Grazie, Marina. Di cuore.
E se ti interessano altri profili gustativi, perché non leggi i post dedicati a Sandra Bacci e a Sonia Paladini?