Qualche giorno fa, la madre di una mia amica mi chiede: «Ma a che devo stare attenta, quando faccio il risotto?».
I beg your pardon… «Mi spiego» ah, meno male! «Faccio il risotto da una vita e credo che sia buono, nel senso che nessuno mi ha mai detto che fa schifo. Però a volte mi vengono i dubbi… Io lo faccio così, come ho visto sempre farlo, ma forse si può far meglio. Perché non ho un vero punto di riferimento: a che cosa debbo stare attenta? Che non si scuocia? Che non bruci? Che… boh, non so neppure che domande fare».
Ok, adesso è abbastanza comprensibile. Ed è per questo che ficcherò il mio post nel blog e non fra le ricette. Lo metto fra gli utensili, perché qualche notizia in più su come fare un piatto è uno strumento, secondo me.
QUESTA NON È LA RICETTA PERFETTA!
Immaginaria quarta di copertina del post: questo non è un post che insegna come fare il risotto. Non parla neppure dei tanti modi in cui si può fare un risotto. Parla, come ha chiesto la signora, di quelle cose (due) che bisogna sempre tenere d’occhio quando si fa un risotto. Fine quarta di copertina. Anche perché credo fino a un certo punto alle ricette perfette. Ho conosciuto molti chef (anche stellati) che facevano un ottimo risotto pur facendo l’uno l’opposto dell’altro. In cucina, per fortuna, si possono raggiungere ottimi risultati seguendo molte strade. Ed è questo il bello, alla fine. Se sei tra quelli che diventano pazzi per sapere se nella carbonara ci vuole pancetta o guanciale, panna o solo tuorli, e vuoi gettare le tue ossessioni anche sul risotto, temo che questo post non sia per te…
Questo post è un gesto d’affetto. Io adoro il riso. Fine premessa. Nessuno, attorno a me, moglie e clienti compresi, ha la mia passione. Chiusa anche la prefazione. Così butto queste parole d’affetto dentro un post, tipo pozzo dei desideri, sperando che capitino sotto gli occhi di qualche altro innamorato. E ora partiamo.
IL RISOTTO È FIGLIO DEL NORD
E ora, sono sicuro che t’aspetti quelle fantastiche assurdità da gastrofighetto modello Dissapore che tanto fanno impazzire i gastrofighetti che navigano – appunto – su Dissapore. No. Lascio a loro disquisire sul calibro del chicco di riso, sulle colture per pochi intimi in qualche oscuro acquitrino del Vercellese, su invecchiamenti e stagionature, su padelloni di rame che pare sia il non plus ultra per cuocerlo (viene benino anche nell’oro, mi dicono), ecc. ecc.
No. Ti parlo di cose fondamentali e serie e pratiche.
La prima: il riso è patrimonio universale, il risotto no. Il risotto è soltanto italiano, in ogni altra parte del mondo non esiste. Tutti gli altri cuociono il riso, quello sì, e magari lo cuociono anche da dio. Ma non fanno i risotti. I risotti sono un patrimonio della cucina italiana. E neppure di tutta. Sono un patrimonio della cucina italiana del Nord. Al Centro mica lo sanno fare, il risotto. Lì è terra di minestre e di qualcosa che arriva come importazione e plagio, tanto perché siamo in Italia. Al Sud il riso lo sanno trattare che è una meraviglia e fanno cose che tu manco te le sogni (o magari te le mangi pure, se vivi al Sud). Però non sono risotti. Sono altro. Il risotto vero lo capiscono soltanto i nordici.
E questo è ciò che provoca più fraintendimenti. Perché in Italia non tutto quel che viene chiamato risotto è poi autentico risotto. Spesso è un “riso con…”, un po’ asciutto, un po’ modello pasta condita con sugo di… Ma non è un risotto. Di veri risotti ce ne sono pochi, tradizionali, e spesso sono così morbidi che non ci crederemmo, a meno che non fossimo stati allevati in una tradizionalissima famiglia del Nord.
ATTENTI A QUEI DUE!
Quindi, è giunta l’ora di rivelarti che cosa cerca un nordico in un piatto di vero risotto. Che poi sono le due cose che la signora di prima deve imparare a tenere d’occhio:
1. Che i grani di riso non facciano effetto mappazza o arancino di riso sciolto o “piace a te questo mio liso assai glutinoso con cui io fale anche flittelle di liso assai glutinose?”. Ecco, il riso deve essere al dente, con i grani belli staccati, non appiccicati fra di loro.
2. Che sia morbido. Che faccia la famosa onda, quella mitica hola di grani che nasce spontanea non appena si dà un colpo secco al padellone, come per farlo saltare. Morbido che vuol dire un po’ liquido, ma che con il liquido non c’entra nulla (poi ti spiego, dammi fiducia).
Se le due cose ti sembrano un po’ in contraddizione, allora non sei del Nord, ammettilo. Perché è proprio su questo delicato equilibrio che nasce il risotto, piatto tradizionale da cucinare lentamente e con calma, un po’ alla volta.
Comunque, una forchettata di ragione te la do: le due cose un po’ in contrasto sono. Ma è pura apparenza. Basta trovare un modo per averle tutte e due nella pentola e il gioco è fatto.
Questo è un riso alle vongole, MA NON È un risotto con le vongole! OK?
Al Nord, patria del risotto, la preparazione si presenta così: chicchi ben sgranati, ma risultato morbido, all’onda, quasi un po’ brodoso
GRANI SGRANATI
Partiamo dal primo punto: grani ben separati e non appiccicati, con una buona tenuta della cottura. Avremo quindi bisogno di una razza di riso di eccellente qualità, capace di resistere sui fornelli senza sfaldarsi e mantenersi sempre un pochino croccante, anche da cotto. Ciò significa che devi depennare subito il riso comune (è una classificazione, non un attributo generico). I risi comuni sono il Balilla, l’Originario e un sacco d’altri, in pratica tutti quelli che sono consigliati per le minestre e i dolci. Una volta eliminati questi dai tuoi ingredienti risottari, restano semifini, i fini e i superfini. Stanno tutti qualche gradino in più dei risi comuni e te li ho citati in crescendo: più sali di graduatoria, più i chicchi sono grossi e meno rilasciano amido. Vuol dire che non si sfalderanno nella pentola e che resteranno ben sgranati. Perché? Perché man mano si sale in finezza, meno amido rilasciano. E quindi…
Alzi la mano chi ne suggerisce almeno una varietà di riso perfetta per i risotti! Sì, tu là in fondo, dicevi? Come, il Carnaroli? L’hai sentito in tivù? Ah, no, lo sapevi da te. OK, te ne do atto: il Carnaroli funziona bene come superchicco. Però (posso dirlo?) per fare il vero risotto non va benissimo, a meno che tu non sia già bravo. Posso chiederti un attimo di pazienza, prima di dirti perché? Grazie.
LA TOSTATURA
Prima, infatti, volevo parlarti della tostatura. Questa pratica serve a chiudere i pori (si potrà dire così?) del nostro riso ed eviterà che ceda all’effetto lessatura. Insomma, aiuta il chicco a restare compatto e quindi ben sgranato. Che cos’è la tostatura? Un’operazione facilissima: metti sul fuoco la padella o la pentola in cui vuoi fare il risotto e ci versi i grani di riso. Olio? Burro? Niente di niente. Solo riso. Fai in modo che tutto il riso si scaldi bene: questa è l’unica cosa importante.
Tutti i risi si devono tostare? No, secondo me, no. I risi invecchiati, come il notissimo Acquarello, non si tostano perché è bastato l’invecchiamento a renderli più tosti del normali.
La categoria del riso condiziona il metodo di cottura: meno amido perde, più devi mescolare.
CHICCHI TRASLUDICI? BOH, SONO PERPLESSO…
Per offrire qualche consiglio pratico: se usi un Carnaroli Acquarello invecchiato di uno o di sette anni, niente tostatura. Più che altro perché è inutile. E tutti i risi giovani, Carnaroli compreso? Più la varietà è fine, meno si tosta. Io un buon Carnaroli non lo tosterei. Poi sputami addosso. Un Vialone Nano (semifino) sì, ma non oltre il minuto o due. Parere personale, come tutto il post. Vuoi non sbagliare? Tosta tutto per un minuto, più o meno finché non senti che il riso si scalda in superficie. Non vuoi proprio sbagliare sbagliare? Io faccio così: riscaldo il riso il tanto che basta per bagnarlo con il vino (se la ricetta lo prevede) e farlo evaporare in fretta. Chicchi traslucidi come dice qualcuno? Boh, non saprei… A me sembra inutile, se non deleterio.
Abbiamo tirato fuori le dritte per risolverci il primo problema (chicchi al dente e ben sgranati). Ora dobbiamo accordare queste soluzioni con quelle della morbidezza e dell’onda.
LA VERA ONDA DEL RISOTTO
Sai che cosa produce la vera onda del riso? L’amido che perde nella pentola mentre lo cuoci. Se il riso non perde almeno un po’ d’amido, niente effetto onda. Ma se ne perde troppo, è un disastro al contrario e si accentua l’effetto mappazza. Per questo, nel risotto, non si usano risi da minestra (come l’Originario, per dirne uno): verrebbe fuori un impiastro, tanto più che questi risi non reggono neppure la cottura molto bene e tendono a sfaldarsi.
Ci vorrebbe quindi un riso che perda amido, ma neppure tanto… Di contro, eccoti qui il problema del Carnaroli: fa davvero, ma davvero fatica a cederlo. Quindi, per carità, lo puoi usare: ma devi procedere per il meglio durante tutta la cottura (tra un po’ ti dico come). Vuoi invece un ottimo compromesso, soprattutto se sei alle prime armi? Il Vialone Nano, che sui risi di verdura e/o di pesce è insuperabile (mentre nulla batte il Carnaroli, soprattutto se invecchiato, nei risi di carne). Puoi fare il figo e andarti a cercare qualche varietà rara: ce ne sono anche alcune presidiate da Slow Food.
Come creare l’onda dentro un vero risotto del Nord Italia, senza essere leghisti.
LA MANTECATURA
Abbiamo il riso (Vialone Nano), abbiamo parlato dell’amido e della tostatura, ci resta solo la mantecatura, l’altro fondamentale elemento senza il quale ti sogni l’onda per tutta la vita. La mantecatura è una cosa da nordici. Se parli di riso mantecato a un sudista ti guarda un po’ così e prosegue a mangiare qualcuna delle sue meraviglie, magari smusandoti. Amen. Noi dobbiamo avere la nostra onda nel piatto, dato che il mare è tanto lontano!
E allora che si fa? Per creare la mantecatura si sono inventati molti metodi, compreso quello dell’aceto (che non ti spiego; magari un’altra volta). Però torniamo all’origine: manteca è una parola spagnola che significa burro, il che ti dice tutto (anche perché il vero risotto si fa solo al Nord). Quindi il modo migliore è l’aggiunta finale del burro: mescolato al brodo caldo e all’amido di riso, crea quella patina grassa e molle che non è più acqua, ma che ormai si è già transustanziata in altro: l’onda del risotto, appunto.
BURRO FREDDO DI FRIGO
Il metodo migliore resta questo: si prende il burro e lo si mette in freezer oppure non lo si toglie dal frigo. Appena al nostro risotto mancano uno o due minuti per risultare al dente, spegni il fuoco, dai una mescolata e metti il burro, magari tagliato a dadini in modo che si sciolga prima. Quanto? Fai conto 20 g di burro per ogni 100 g di riso, ma è indicativo. Copri con un canovaccio (pulito) e fai riposare per 1-2 minuti, 3 al massimo se proprio stavi chiacchierando. Togli il canovaccio e a questo punto comincia a mescolare con energia il riso o, se sei capace, fallo saltare nella pentola con movimenti rapidi e regolari, avanti e indietro: è in questa fase che deve formare la famosa onda.
Se tieni d’occhio questi tre punti (tipo di riso, tostatura e mantecatura) il risotto ti verrà bene, indipendentemente dalla tecnica e dal modo che adotterai per farlo. E indipendentemente anche dal brodo, dagli altri ingredienti e così via.
L’intera lavorazione del risotto, dall’a alla zeta, la vedremo magari un’altra volta. Intanto, prova con questi piccoli suggerimenti.
Questo è QUASI un risotto agli asparagi, ma come lo farebbero nel Centro Italia. OK?
IL NOSTRO RIASSUNTINO
Ricapitoliamo: riso dal semifino in su. Più aumenta la finezza del chicco, minore deve essere il tempo di tostatura. Con alcuni superfini può proprio non esserci.
Devi mescolarlo man mano che aggiungi il brodo. Se lo mescoli, l’amido esce ed è fondamentale questa mescolatura continua con i superfini come il Carnaroli, che fanno fatica a disperderlo. Se usi un Vialone Nano (semifino), invece, potresti anche aggiungere il brodo tutto in una volta, tanto l’amido uscirebbe lo stesso. In parole povere, è il tipo di riso che ti indica come cuocerlo, ok?
Mantecatura: riso a fuoco spento, leggerissimamente brodoso, burro freddissimo, riposo coperto e manipolazione veloce prima di servirlo, fino alla formazione dell’onda. E se non posso usare il burro perché il risotto è sul pesce oppure sono vegano? A parte che, sempre secondo me, ci sono risotti sul pesce in cui il burro non ci sta male, l’olio (extravergine d’oliva che si rispetti) ci sta anche meglio. La mantecatura si forma perché un liquido caldo entra in contatto con un grasso. Quindi la si può fare anche con l’olio, il procedimento è il medesimo.
Come vedi, non ti ho insegnato a fare un buon risotto: non mi permetterei mai. Ho soltanto voluto sottolineare i due punti senza i quali non puoi parlare di risotto quando credi di farne uno. Mica poco, non credi?
Post altamente condivisibile, fammi spiegare meglio
1. sono perfettamente d’accordo che post di questo genere debbano rientrare nella categoria “strumenti” e ti invito a continuare con altri “strumenti” su altri argomenti.
2. Io sono un risottista sfegatato non solo perche’ mi piace ma anche perche’ vivo con una risottista sfegatata.
3. Sono piuttosto d’accordo a non andare a cercare ceppi ultraesotici per fare i risotti. A me piace molto pasticciare con risi strani o semi dimenticati (tipo l’ostigliato rosa, come ben sai). Ma, secondo me, questi risi strani vanno bene cucinati in maniera semplice (addirittura bolliti e conditi; solo cosi’ puoi apprezzarne le differenze senza rimanere intrappolato dalle loro (passami il termine) tare comportamentali una volta in pentola..
CIo’ detto, io sono in un periodo che definirei “no Carnaroli”, per il risotto, la cui stagione per me e’ appena ricominciata, sono d’accordo sul vialone nano. Certo i maniaci della sgranatura storceranno il naso ma tant’e’.
PS non hai parlato di formaggio a fine mantecatura…
ah, scusa, dimenticavo: che mi dici dell’altra diatriba: ingredienti extra cucinati a parte e uniti all’ultimo Vs ingredienti cotti insieme al riso?
Come sempre i tuoi post sono altamente istruttivi, ma scritti con leggerezza tale che fanno ridere., o almeno sorridere :-)
Premessa n. 1: io sono una terrona trapiantata al Nodd. Siciliana per la precisione, e ti confermo che da noi il risotto non lo sanno fare. Fanno le arancine, ma il risotto proprio no.
Premessa n. 2: non sono una gastrofighetta da Dissapore (che non mi piace neanche), però amo scavare a fondo nelle cose, motivo per cui quando mi parli delle differenze tra i risi in termini di rilascio degli amidi e per di più aggiungi che il Carnaroli è insuperabile per i risotti di carne mentre il Vialone Nano dà il meglio di se’ nei risotti di pesce e verdura, stuzzichi la mia curiosità e la mia voglia di approfondire. Non per gastrofighettismo, ma per l’appunto per imparare. Tra le varietà di riso che ricordo nella mia infanzia c’è il Semifino Maratelli, che per diversi lustri è sparito dagli scaffali dei supermercati e che è ritornato solo da pochi anni a questa parte, mi sembra sia uno solo il produttore di questa varietà, attualmente.
Terminate le premesse, passo a ringraziarti per questo post (e attendo il seguito): adoro il risotto, a Milano se ne mangiano di ottimi; una delle mie fisse è proprio quella di preparare un buon risotto, e grazie alle tue dritte mi ci avvicinerò piano piano. Ho la fissa in particolare del risotto alla milanese fatto con il midollo, ma per questo credo di aver bisogno di qualche “istruzione per l’uso in più”, perché usando solo midollo non ho avuto risultati soddisfacenti: magari occorre mischiarlo con il burro in fase di tostatura, più probabilmente sono io che non l’ho usato in modo corretto.
Insomma, aspetto il seguito sui risotti, e… GRAZIE!!!
Urca, un tempo il sito mi faceva un fischio se qualcuno scriveva un commento. Oggi se ne frega beatamente… Forse perché vi considera di casa, non lo so. Meno male che ci sono ripassato, da queste parti, perché mi ero accorto di non aver puntualizzato bene alcune cose (sulla tostatura) e che avevo invertito un passaggio nella mantecatura (mica male la mia precisione, eh?).
Oltre a ringraziarvi entrambi, dico solo una cosa, che è la stessa che scrivo a inizio post: non ho la pretesa di insegnare a nessuno come fare un risotto. Io ho le mie idee, personaggi di ben altro calibro ed esperienza ne hanno altre. A volte concordo, altre no. Chi sbaglia? Nessuno. Perché alla fine si cerca tutti di raggiungere un risultato che ci fa star bene, che ci piace, che ci dà soddisfazione. E questa libertà della cucina ci deve essere, perché non ce la farei proprio a stare tra i fornelli anche lì prigioniero di regole da rispettare a tutti i costi.
Quindi non ho parlato (volutamente) di brodi, formaggi, soffritti, ingredienti cucinati a parte e così via. Perché? Ma perché non c’è un cuoco che sia d’accordo con l’altro! Neppure sulla tostatura sono tutti d’accordo, neppure sul tipo di riso. Io dico che il Vialone Nano è più facile, perché penso alla mantecatura. Cracco un giorno ha detto che il Vialone è il più difficile da usare, probabilmente perché il chicco è più fragile del Carnaroli… Il Semifino Maratelli l’ho riprovato da poco (tra l’altro grazie all’amico Mauro) e ne sono stato entusiasta. Dovrò riprocurarmelo quanto prima. Continuo a pensare che i semifini siano un jolly, mentre i superfini come il Carnaroli siano più complicati e che a volte vadano aiutati. Tanto per continuare a citare Cracco, lui ogni tanto s’aiuta con qualche cucchiaino d’amido di riso (ma guarda!), per fare la mantecatura corretta con il Carnaroli…Uff, sto diventando come quelli di Dissapore!
Midollo: lo si vede sempre meno. Non so come lo usavi tu, Mapi, ma non ci sono molti modi per metterlo nel risotto: o lo si cuoce a parte e lo si aggiunge nel piatto, oppure (classico) si mette crudo assieme al burro durante la mantecatura, così si cuoce in quel momento. Altri modi non li conosco, ma potrei indagare.
PS: questa non era una prima puntata… Non so se mi metterò a raccontare come faccio io il risotto. Soprattutto perché è un metodo opinabile come qualsiasi altro…
un paio di commenti, se posso:
uno: fatto salvo che il risotto in effetti come nessun altro prodotto della cucina offre opinioni e variazioni diverse, c’e’ da dire che certe cose non si fanno punto e basta (un po’ come con il vino: se a te piace il brut – o magari, somma perversione – il pas dose’ con il panettone, buon per te, io rispetto le perversioni ma, sia chiaro, sono e rimangono perversioni). Quindi a chi tosta il riso con il gas a manetta, aggiungendoci le cipolle… beh, io dico: per me non va e basta, non si discute.
Due: cIo’ detto, mille opinioni, ognuna rispettabile. Ti invito quindi a dire la tua su tutti i passaggi (dal canto mio, devo dirti, il risotto perfetto, ma pefetto sul serio, mi e’ riuscito forse due volte): noi lettori abbiamo il diritto di sapere quale sia la tua verita’!
Concludo dicendo che I semifini sono stati la mia scoperta da – diciamo – adulto. Il Maratelli e’ un pelo piu’ rognoso del Vialone nano. A volte (bestemmia) per risi che anelano a fare i risotti uso il Rosa Marchetti, riso di poche ambizioni ma che, se la tua attenzione e’ millimetrica (soprattutto nei tempi), qualche piccola soddisfazione te la da’.
A presto, Mauro
La mia verità nel risotto? Mi piacerebbe averla, una verità vera da appiccicare a tutte le cose della mia vita, risotto compreso…
Purtroppo, faccio fatica a tirarla fuori dai gesti e dalla mente.
Magari scriverò qualcosa, ma non vorrei che fosse inteso male, questo qualcosa. Nel senso che io sono un po’ stanco di leggere in giro cose del tipo “le regole per il risotto perfetto”, “i cinque trucchi che ti svelano come cuocere una braciola” e così via, come se quella fosse la vera verità. Il fatto è che esistono un sacco di modi per raggiungere il medesimo risultato. Che in realtà non è davvero il medesimo, ma a te pare così perché la nostra percezione ha dei limiti e più di tante sfumature non riesce a distinguere.
Ok, comunque, quanto prima tenterò di dire la mia su tutti i passaggi del risotto. Ma è la mia, non è detto che sia la tua o di qualcun altro. Parlavi, giustamente, della tostatura a manetta e del soffritto. Vero, ma anche qui si possono fare i distinguo. Una cosa è mettere la cipolla sul fuoco a manetta, farla bruciacchiare (perché il fuoco è a manetta), mettere il riso, farlo tostare (e nel frattempo la cipolla sbruciacchia ancora un bel po’) ancora a manetta. Un’altra è fare come fanno anche molti chef stellati: soffriggo a fuoco lento la cipolla con l’olio, aggiungo il riso, alzo il gas per un minuto e tosto il riso, abbasso e comincio a cuocere col vino o col brodo. La cipolla non brucia e non svicoli il procedimento tradizionale. Che poi sia il procedimento migliore, non lo sto dicendo e non lo voglio neppure dire ad alta voce, ma è fattibile e non compromette i risultati.
Ma qui stiamo arrivando dalle parti di Dissapore, però, e la cosa finisce per interessarmi meno. Comunque, ripeto, tenterò il prima possibile di scrivere la mia. La mia. Che non significa sia la verità da sposare. Per fortuna. Se volevo verità rivelate, mi facevo convincere dai Testimoni di Geova!
tutti d’accordo, nessuno vuole verita’ rivelate ne’ dettagli quintessenziali. Ma ci sono “strumenti” relativi al risotto che mi piacerebbe sviscerare meglio. L’opinione di un risotto-maniaco, anche se rimane un’opinione, mi interessa…